Nel mio lavoro di danzaterapeuta, ogni oggetto stimolo nasce da un gesto d’amore, da una visione, da un sapere profondo che unisce arte, esperienza e ascolto del corpo. Ecco perché li creo con le mie mani.
Nel mondo della danzaterapia clinica, ci sono strumenti che non parlano, ma raccontano. Oggetti che non guidano, ma aprono. Sono gli oggetti stimolo: presenze silenziose ma potentissime che attivano emozioni, ricordi, intuizioni, movimento.
Nel libro “Spazio Tempo Relazione” di Pezzenati, Virtuoso, Villa, Tarini e Pellegata – un riferimento fondamentale per chi lavora con la danzaterapia clinica – si parla proprio di questo: dell’oggetto come mediatore relazionale e simbolico, capace di generare significati attraverso il corpo e la relazione. Non un accessorio, ma un ponte. Non un’attività, ma un’esperienza.
Per me, danzaterapeuta e artista, gli oggetti stimolo non si comprano: si creano. Con la stessa dedizione con cui si coltiva un giardino, si dipinge una tela o si scrive una poesia. Ogni oggetto che porto nella stanza della danza è frutto di ricerca, di cura e di una progettazione che coinvolge tutte le mie competenze: sono tessitrice, danzatrice, scenografa, pittrice. E tutto questo vive nei miei oggetti.
Un esempio? Il sacco. Non è un semplice tessuto cucito. È pensato per contenere, per avvolgere, per offrire al corpo uno spazio altro. Scelgo con attenzione il materiale: deve avere una consistenza precisa, una caduta, una temperatura al tatto. La grandezza è calibrata sulla funzione, sulle possibilità di movimento, di esplorazione. Anche le cuciture hanno un senso: devono sostenere, ma senza imporsi. Ogni punto è gesto d’amore.
Ogni oggetto che creo è unico. Raccolgo avanzi di fili per creare dei gomitoli che diventano poi strumenti per il lavoro corporeo. Altre volte raccolgo elementi dalla natura e li integro in un processo creativo che dialoga con la danza, con la pelle, con l’anima. La creazione stessa dell’oggetto è già parte della terapia: è un tempo lento, meditativo, consapevole. È una tessitura di senso.

Quando li porto nei miei percorsi , questi oggetti diventano compagni di viaggio per le persone che incontro. Non dico mai come usarli: li lascio parlare, lasciando che il corpo risponda, scopra, giochi, si racconti. E spesso è proprio l’oggetto – con la sua forma, il suo colore, la sua storia – a far emergere qualcosa di profondo, qualcosa che non aveva ancora trovato voce.
Danzare con un oggetto stimolo è un’esperienza poetica. È una danza con l’invisibile. E nel mio lavoro, ogni oggetto è un frammento del mio percorso, un pezzetto di me. Un dono che si offre, si trasforma, si condivide.
Cristina Pipan
Danzaterapeuta Clinica